RAPPORTO DI LAVORO - OBBLIGAZIONI - PRESUPPOSIZIONE

RAPPORTO DI LAVORO - OBBLIGAZIONI - PRESUPPOSIZIONE

L'istituto della presupposizione può trovare applicazione solo con riguardo ai contratti con prestazioni corrispettive e non anche (per la mancanza della compatibilità richiesta dall'art. 1324 c.c.) con riguardo all'atto delle dimissioni, che realizzano il diritto potestativo di recesso del lavoratore e costituiscono un negozio unilaterale ricettizio, idoneo, indipendentemente dalla volontà del datore di lavoro a determinare la risoluzione del rapporto; ne consegue che la mancata realizzazione dei vantaggi rappresentatisi dal dipendente al momento delle dimissioni non può influire su tale negozio giuridico ove le dimissioni stesse non siano state espressamente subordinate alla realizzazione di quei vantaggi.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe - Presidente -

Dott. DE GREGORIO Federico - rel. Consigliere -

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere -

Dott. PAGETTA Antonella - Consigliere -

Dott. LEO Giuseppina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17782/2012 proposto da:

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell'avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato FRANCESCO GIAMMARIA, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

P.F., P.A., P.F., nella qualità di eredi di B.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell'avvocato PIER LUIGI PANICI, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato VINCENZO MARTINO, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 51/2012 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 26/01/2012 R.G.N. 440/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l'inammissibilità e in subordine rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato SERRANI TIZIANA per delega verbale Avvocato PESSI ROBERTO;

udito l'Avvocato PANICI PIER LUIGI.

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Torino, in riforma della gravata pronuncia di primo grado, che aveva soltanto in parte accolto la domanda di parte attrice, condannava la B.N.L. (Banca Nazionale del Lavoro S.p.a.) al pagamento della ulteriore somma di danaro, a favore degli eredi della lavoratrice, deceduta nel novembre 2008, quindi ancor prima del 31 dicembre 2009, data per la quale erano state presentate irrevocabili dimissioni (nel febbraio 2008, accolte da parte datoriale come da missiva 16-04-2008), con contestuale richiesta di all'incentivo per l'accompagnamento al pensionamento.

Secondo la Corte territoriale, in base al tenore della lettera inviata dalla dipendente in data 28 febbraio 2008 e della successiva missiva della BNL, doveva ritenersi in effetti che l'accordo tra le parti si fosse perfezionato in tutti i suoi elementi: la lavoratrice aveva rassegnato in quel momento irrevocabilmente le proprie dimissioni, che avrebbero avuto effetto dal 31 dicembre 2009, e la Banca si obbligava a corrisponderle l'incentivo all'esodo in aggiunta al TFR. Non poteva, quindi, condividersi quanto ritenuto dal giudice di primo grado, ossia che il pagamento dell'incentivo fosse stato condizionato alla risoluzione del rapporto per dimissioni, così che il contratto si era risolto perchè il decesso della dipendente aveva determinato l'impossibilità sopravvenuta della prestazione. Infatti, l'efficacia dell'accordo non era subordinata ad un avvenimento futuro e incerto, cioè alle dimissioni, per il semplice fatto che queste risultavano già rassegnate con la lettera del febbraio 2008 (sia pure, come del resto previsto dal piano di accompagnamento al pensionamento concordato in sede sindacale, con effetto dal 31 dicembre 2009). Di negozio sottoposta a condizione sospensiva, che non aveva potuto realizzarsi per effetto del prematuro decesso, si sarebbe potuto parlare solo se l'erogazione dell'incentivo fosse stata subordinata alla effettiva prestazione lavorativa fino al 30 dicembre 2009, ma ciò non venne in alcun modo previsto dalle parti, le quali anzi convennero che prima del 31 dicembre 2009 la lavoratrice avrebbe dovuto interamente fruire delle ferie e dei giorni di festività maturati e non goduti, e comunque unicamente che a fronte delle dimissioni sarebbe stato erogato l'incentivo concordato. Dunque, poichè il corrispettivo delle dimissioni era costituito dal pagamento dell'incentivo, doveva ritenersi di conseguenza che, essendo tali dimissioni già state irrevocabilmente rassegnate, la dante causa aveva maturato il diritto a percepire l'incentivo, diritto che a seguito della morte si era indubbiamente trasmesso ai suoi eredi e sul quale in nessun modo poteva avere inciso il sopravvenuto decesso.

Pertanto, il gravame andava accolto, con la condanna della società al pagamento, in favore degli eredi, dell'incentivo nella misura indicata nelle conclusioni dell'atto di appello, laddove correttamente era stata esclusa, stante la risoluzione consensuale del rapporto, l'indennità di preavviso contrattualmente prevista dall'art. 72, del contratto collettivo nazionale di lavoro per il caso di cessazione del rapporto stesso in seguito a morte del dipendente. Di conseguenza, la somma lorda originariamente richiesta di Euro 62.120,00 era stata depurata dell'importo di 9338,44 Euro, corrispondente all'indennità sostitutiva di preavviso.

Avverso la sentenza della Corte piemontese in data 18 gennaio, pubblicata il successivo 26 gennaio 2012, la S.p.A. Banca Nazionale del Lavoro ha proposto ricorso per cassazione con atto in data 18 luglio 2012, affidato a tre motivi, cui hanno resistito gli eredi di B.V., P.F., F. e A. mediante controricorso in data 8 agosto 2012.

Memoria ex art. 378 c.p.c. è stata depositata dalla sola ricorrente.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la società ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. e ss. - vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio.

La Corte di Appello in primo luogo nell'interpretazione degli accordi intercorsi tra le parti aveva ignorato gli elementi testuali delle intese raggiunte, nonchè il comportamento complessivo delle stesse, i quali concludevano per l'esistenza di una fattispecie a formazione progressiva, in cui la presentazione delle dimissioni costituiva soltanto la prima condizione, mentre si era erroneamente ritenuto che esulasse dalle intese raggiunte il fatto della prosecuzione del rapporto di lavoro sino al 31 dicembre 2009, ciò che invece era stato espressamente previsto dagli accordi.

Quanto alla rilevanza agli elementi testuali, si era omesso di considerare che le dimissioni avrebbero avuto effetto dal 31 dicembre 2009, che richiedevano l'accettazione da parte datoriale, che il 31 dicembre era stato espressamente indicato come ultimo giorno di lavoro, che il datore di lavoro aveva a sua volta indicato la cessazione del rapporto alla data del 31 dicembre 2009, che l'accordo prevedeva l'erogazione di una somma a titolo di "accompagnamento alla pensione"; condizione di erogazione dell'incentivo al pensionamento era altresì il permanere, alla data del 31 dicembre 2009, dell'allora vigente disciplina previdenziale e la non sopravvenienza di modifiche normative in grado di incidere in maniera sostanziale sul regime previdenziale.

Sotto il profilo della rilevanza del comportamento tenuto dalle parti si era omesso di valutare che la lettera di dimissioni presupponeva la necessità di accettazione delle stesse, che con invio di questa la BNL a sua volta aveva accettato le dimissioni con effetto dal 31 dicembre 2009, indicando tale ultima data per la cessazione del rapporto di lavoro, che dopo la presentazione delle dimissioni, in data 28 febbraio 2008, il rapporto di lavoro era proseguito sino all'evento sopravvenuto della morte della lavoratrice, il primo novembre 2008, permanendo tutti i reciproci obblighi.

Vi era stata, inoltre, violazione dei precetti di cui agli artt. 1367 e 1368 c.c., avendo la Corte territoriale erroneamente attribuito l'espressione "irrevocabili" (con la quale la lavoratrice aveva qualificato le proprie dimissioni sino alla data del 31 dicembre 2009), il significato di immediatamente efficaci ai fini della maturazione del diritto all'incentivo al pensionamento.

Per le medesime ragioni, infine, era stata insufficiente la motivazione, avendo la Corte distrettuale omesso di considerare tutti gli elementi documentali e fattuali sopra evidenziati; illogica e insufficiente motivazione, per aver ritenuto che l'impegno a pianificare giorni di ferie e festività non goduti entro il 31 dicembre del 2009 denotasse la volontà di non ritenere rilevanti in sede negoziale la prosecuzione del rapporto di lavoro sino tale data e per aver ritenuto che la precisazione della natura irrevocabile di dimissioni ne determinasse la immediata efficacia.

Con il secondo motivo di ricorso, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 71 del c.c.n.l. 8 dicembre 2007, nonchè dell'art. 1362 c.c. e ss., artt. 1256 e 1463 c.c.. La Corte di Appello, con riferimento all'ulteriore fatto del sopravvenuto decesso della lavoratrice in data 1 novembre 2008 - che aveva determinato l'estinzione dell'obbligazione in capo alla B.N.L., di erogazione dell'incentivo al pensionamento - era incorsa in violazione e falsa applicazione dei suddetti artt. 71, 1256 e 1463, per aver omesso di attribuire rilevanza decisiva al fatto della morte della dipendente quale causa esclusiva della cessazione dal contratto di lavoro, con conseguente estinzione dell'obbligazione in capo a parte datoriale.

Con il terzo motivo, inoltre, la ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell'art. 2118 c.c.. Con riferimento al fatto decisivo e controverso se, nell'ambito dell'intese raggiunte con lo scambio delle comunicazioni datate 28 febbraio e 16 aprile 2008, il diritto al pagamento dell'incentivo al pensionamento fosse maturato per il solo fatto della presentazione delle dimissioni e nel momento stesso di tale presentazione, ovvero se invece tale diritto sarebbe maturato solo la data del 31 dicembre 2009, si censurava la sentenza di appello per aver falsamente applicato nella specie l'art. 2118, con riferimento alla lettera della lavoratrice datata 28 febbraio 2008, avendo ritenuto che le dimissioni presentate, nonostante fossero inserite in ambito negoziale complesso e configurassero una fattispecie a formazione progressiva, avessero prodotto immediatamente, all'atto della loro presentazione, l'effetto di far maturare il diritto all'incentivo al pensionamento.

In via generale, le dimissioni costituiscono, com'è noto, un atto unilaterale recettizio, che non necessita di accettazione da parte datoriale e produce effetti per il solo fatto della sua comunicazione. Per contro, la fattispecie in esame rappresentava chiaramente un incontro di volontà di volontà ben più complesso, tant'è che nel comunicare la volontà irrevocabile di dimettersi con effetto dal 31 dicembre 1009, la lavoratrice aveva indicato una serie ben precisa di condizioni ed era perfettamente consapevole della necessità che le stesse fossero accettate dalla Banca.

Le anzidette censure, tra loro evidentemente connesse, vanno disattese in forza delle seguenti considerazioni, tenuto conto in particolare che nessun fatto rilevante ai fini della decisione risulta pretermesso nelle valutazioni all'uopo operate dalla Corte di merito in ordine alla vicenda di cui è processo.

Invero, la lettera della lavoratrice datata 28 febbraio 2008 risulta così testualmente redatta: "La sottoscritta.. con la presente dichiara la propria irrevocabile volontà di dimettersi dal servizio con effetto dal 31 dicembre 2009.

In base all'applicazione dei criteri definiti dall'azienda per la determinazione dell'incentivo al pensionamento, le sarà riconosciuto un importo di loro di Euro 60.060,19.

In caso di accoglimento della suddetta richiesta si impegna fin da ora a fruire entro l'ultimo giorno di lavoro dei giorni di ferie residui maturati non goduti...".

Parte datoriale riscontrava la precedente nota con la seguente missiva, datata 16-042008, diretta alla B.: "In riferimento alle dimissioni da lei presentate con lettera del 28 febbraio 2008, le confermiamo che il suo rapporto di lavoro avrà termine il 31 dicembre 2009.

In applicazione dei criteri definiti dall'azienda con il nuovo sistema di accompagnamento al pensionamento, le sarà riconosciuto un importo di lordi di Euro 62.120 in aggiunta al trattamento di fine rapporto. Informiamo che tale somma è stata adeguata per tener conto delle variazioni retributive dovute all'applicazione del nuovo C.C.N.L..

La data e le condizioni di cessazione sopraindicate sono definite sulla base della vigente disciplina previdenziale e potranno essere concordemente riconsiderate qualora, prima della prevista risoluzione del rapporto di lavoro, dovessero intervenire modifiche legislative tali da incidere significativamente sui requisiti di maturazione e/o di accesso al trattamento pensionistico.

Le rammentiamo di pianificare, in accordo con il suo responsabile, i giorni di ferie/festività ancora non goduti, in conformità a quanto stabilito all'atto della presentazione delle dimissioni stesse".

Orbene, nella specie rileva soprattutto quanto accertato in punto di fatto dalla Corte di merito, circa l'inesistenza della condizione sospensiva, già ipotizzata dalla BNL. Rimane tuttavia la questione dell'efficacia differita al 31-12-2009, sulla quale si inserisce il sopravvenuto decesso di novembre 2008. Posto che non risulta, almeno espressamente, negoziata alcuna condizione e che dal testo delle missive non sembra essere stata pattuita esplicitamente alcuna corrispettività tra dimissioni (con efficacia differita a dic. 2009) ed incentivo, per poter ritenere l'estinzione dell'obbligo a carico di parte datoriale, si dovrebbe ipotizzare o una sorta di presupposizione circa l'accordo raggiunto rebus sic stantibus (mentre un accenno sul punto vi è soltanto in relazione all'eventuale modifica legislativa in tema di previdenza per il diritto alla pensione), oppure che comunque l'accordo non si era perfezionato, nel senso che il pagamento dell'incentivo sarebbe stato consensualmente subordinato al completamento lavorato del periodo di preavviso, ossia fino a tutto il 31 dicembre 2009, di modo che ciò non si sarebbe verificato per effetto del decesso, medio tempore sopravvenuto, con conseguente immediata estinzione del rapporto di lavoro, mancato perfezionamento che tuttavia non è dato cogliere dalla lettura della prodotta documentazione.

Quindi, stando all'accertamento compiuto dalla Corte di merito ed a quanto ivi teorizzato, il termine del 31 dicembre 2009 operava soltanto per individuare la data dopo la quale la lavoratrice (e poi i suoi aventi causa) avrebbe potuto esigere il pagamento del corrispettivo, rispetto al quale però l'evento morte di novembre 2008 risultava indifferente.

Invero, riguardo all'interpretazione del contratto, l'accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che detto accertamento è censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche (Cass. 3^ civ. n. 732 del 20/01/2003, che di conseguenza, in applicazione dell'indicato principio di diritto, giudicava esente da vizi di motivazione la sentenza di merito, che aveva qualificato il documento sottoscritto dalle parti come transazione, e non come semplice quietanza liberatoria, avendo il giudice di merito accertato che tra le parti erano intercorse reciproche concessioni.

V. in senso conforme anche Cass. 3^ civ. n. 15707 del 21/10/2003. Cfr. parimenti Cass. lav. n. 4261 del 02/03/2004: l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto costituisce attività tipica del giudice di merito, il cui risultato, concretandosi in accertamento di fatto, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il limite della inadeguatezza della motivazione e della violazione delle regole codicistiche di interpretazione).

Orbene, la sentenza di appello qui impugnata, contiene un'esauriente esposizione della vicenda, nonchè le ragioni che avevano indotto il primo giudicante al rigetto della domanda relativamente al preteso incentivo, unitamente ai motivi del conseguente gravame interposto dagli eredi di B.V.. La Corte di merito ha puntualizzato, altresì, i termini pacifici dei fatti di causa (lettera redatta su modulo prestampato di "irrevocabile volontà di dimissione dal servizio" datata 28-02-2008, riportata tra virgolette nei suoi passi essenziali unitamente alla risposta di BNL di cui alla missiva del 16-04-08; decesso della dante causa in data primo novembre 2008 e successive richieste da parte del coniuge superstite nonchè avvenimenti posteriori). Quindi, la Corte territoriale, in base al tenore dell'anzidetto scambio epistolare ha ritenuto che in effetti l'accordo tra le parti si fosse perfezionato in tutti i suoi elementi: immediatezza delle irrevocabili dimissioni, sebbene con decorrenza differita al 31 dicembre 2009, e conseguente obbligo di parte datoriale al pagamento dell'incentivo all'esodo in aggiunta al T.F.R.. Non poteva, quindi, condividersi quanto opinato dal giudice di primo grado, ossia che il pagamento dell'incentivo fosse stato condizionato alla risoluzione del rapporto per dimissioni, mentre l'accordo si sarebbe risolto perchè il decesso aveva determinato l'impossibilità sopravvenuta della prestazione. Invece, secondo i giudici di appello, l'efficacia dell'accordo non era subordinata ad una condizione, cioè ad un avvenimento futuro e incerto, come le dimissioni, visto che queste ultime risultavano già rassegnate con la lettera di febbraio 2008 (ancorchè con effetto differito). Inoltre, dal succitato scambio epistolare non emergeva che l'erogazione dell'incentivo fosse stata subordinata alla effettiva prestazione lavorativa fino al 30 dicembre 2009, ciò non risultava in alcun modo previsto, mentre si evinceva unicamente che a fronte delle dimissioni sarebbe stato erogato l'incentivo (cfr. Cass. lav. n. 728 del 23/01/1992, secondo cui, peraltro, l'istituto della presupposizione può trovare applicazione solo con riguardo ai contratti con prestazioni corrispettive e non anche - per la mancanza della compatibilità richiesta dall'art. 1324 c.c. - con riguardo all'atto delle dimissioni, che realizzano il diritto potestativo di recesso del lavoratore e costituiscono un negozio unilaterale ricettizio, idoneo, indipendentemente dalla volontà del datore di lavoro, a determinare la risoluzione del rapporto; ne consegue che la mancata realizzazione dei vantaggi rappresentatisi dal dipendente al momento delle dimissioni non può influire su tale negozio giuridico ove le dimissioni stesse non siano state espressamente subordinate alla realizzazione di quei vantaggi. In senso conforme, Cass. lav. n. 14897 del 23/11/2001. In motivazione Cass. n. 728 del 1992 osservava, tra l'altro, che "La promessa di un trattamento economico premiale in caso di esodo anticipato trova la sua causa nel rapporto di lavoro e non costituisce una proposta contrattuale, che, combinandosi con le dimissioni dei lavoratori, dia luogo ad una risoluzione consensuale del rapporto con prestazioni corrispettive....omissis... qualunque sia la rappresentazione dei vantaggi che il dipendente si è configurata al momento delle dimissioni, essa, se non risulta espressamente dall'atto, non può invalidare il negozio giuridico. Se così non fosse, si ammetterebbe la rilevanza di qualsiasi motivo interno della volontà o di riserve mentali con notevole pregiudizio della certezza dei rapporti giuridici e dell'affidamento che il destinatario deve fare sulla volontà a lui manifestata....").

Pertanto, nella pronuncia impugnata non si ravvisano errori di sorta, avendo la Corte di merito con adeguata motivazione correttamente apprezzato le risultanze di fatto sottoposte al suo esame, di modo che ogni altro sindacato proposito non è ammissibile in questa sede di legittimità. Ed invero, le questioni sollevate dalla società ricorrente involgono per la gran parte questioni attinenti ad apprezzamenti e valutazioni di merito, riservati esclusivamente ai giudice competente in materia, sicchè non sono scrutinabili in sede di legittimità, nemmeno come vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v., tra le altre, Cass. lav. n. 7394 del 26/03/2010, secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione. In senso analogo, Cass. lav. n. 6064 del 06/03/2008: i vizi di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova. Conformi Cass. nn. 17076 e 18709 del 2007. V. altresì Cass. 1^ civ. n. 1754 del 26/01/2007: il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l'individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di merito e l'attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti).

Pertanto, il ricorso va respinto con conseguente condanna della soccombente al pagamento delle relative spese.

P.Q.M.

la Corte RIGETTA il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida, a favore dei controricorrenti, in Euro 4000,00 per compensi ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Così deciso in Roma, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2017


Avv. Francesco Botta

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